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Per i commercialisti conta la tempestività

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20 ottobre 2009

«Il vero disastro è che non riusciamo proprio a salvare nessuna azienda». Per Giulia Pusterla, dottore commercialista, consigliere nazionale con delega a crisi d'impresa e risanamento, gli obiettivi della riforma del diritto fallimentare erano chiari, e tanto più validi in un momento come l'attuale: puntare all'emersione tempestiva delle difficoltà delle aziende prima che diventino irrecuperabili. E anche i dottori commercialisti sono chiamati in causa per attestare, da una parte, la veridicità dei dati aziendali e dall'altra, la fattibilità del piano di concordato. In questo senso, le indicazioni che arrivano ai professionisti dal Consiglio nazionale sono anche quelle di alzare il più possibile le antenne e svolgere un ruolo di sentinelle della crisi.
«Trovo che sia miope una logica – sottolinea Pusterla – indirizzata solo a mettere in risalto i pericoli di concorrenza sleale. Tutti quegli strumenti, il concordato preventivo, le ristrutturazioni dei debiti, i piani attestati, hanno tra loro un chiaro elemento comune che è quello di non compromettere il futuro delle aziende, mentre oggi i concordati sono quasi esclusivamente di liquidazione».

Certo, ammette anche Pusterla, di fronte alle rimostranze di Assofond, condotte opportunistiche possono sempre verificarsi, ma questo poteva avvenire anche prima della riforma: «Alla fine - continua – sono sempre i creditori a votare sulla convenienza del piano. Il prezzo deve essere coerente e non trattarsi di una svendita assoluta. Che una newco parta senza debiti è logico; bisogna andare a verificare cosa è successo prima e a quali condizioni si è chiuso il concordato. Anche perché, parliamoci chiaro: quale valore assegna il mercato a un'azienda in uno stato avanzato di crisi? Molto scarso, probabilmente».
Va poi tenuta distinta la specificità del concordato rispetto agli altri strumenti di emersione: solo nel concordato è possibile la liquidazione: «E il rischio che stiamo correndo, è la messa in liquidazione di un patrimonio imprenditoriale che non è tutto da buttare».

Dai dottori commercialisti arriva così un avvertimento: attenzione a sollevare preoccupazioni che, sia pure fondate, possono avere come effetto l'affossamento di un istituto che può rivelarsi arma efficace contro la crisi: «Il professionista deve comunque conservare – puntualizza Pusterla – una sana dose di scetticismo e non lasciarsi condizionare troppo dall'ansia dell'imprenditore di proseguire sempre e comunque l'attività nelle forme consuete e conservandone la totale responsabilità. Si possono tentare anche soluzioni e strade diverse e, per fortuna, da qualche anno stiamo sperimentando soluzioni nuove». (G. Ne.)

20 ottobre 2009
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